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martedì 3 giugno 2025

Il coach bollito

 


C’è questa storia della rana.
La metti nell’acqua fredda e poi inizi a scaldare, piano piano. Lei resta lì. Non se ne accorge. E alla fine… cuoce.
Non salta fuori. Non capisce che sta per morire.
Noi coach? Uguali.
Solo che al posto della pentola c’è l’Intelligenza Artificiale, e al posto del fornello ci sono gli algoritmi di TrainingPeaks, le API di Strava e il nostro ego tecnico.

Non fraintendiamoci. Le piattaforme sono utili, io le uso ogni giorno.
Ma se pensi che il tuo valore come coach stia solo nel creare una tabella settimanale con 3 colorini e un TSS medio, sappi che c’è un algoritmo che lo fa più veloce, più preciso e senza le tue lagne del lunedì mattina.

E questo algoritmo non si stanca, non va in crisi esistenziale, e soprattutto… non sbaglia mai il passo di una ripetuta.

 Ma allenare non è programmare

Un vero coach non è uno che “mette le righe nel foglio”.
È uno che sa quando non farlo.
Che capisce se l’atleta è in down non perché ha 7 giorni rossi nel calendario, ma perché ha perso la motivazione, si sente una merda o si sta separando.

La fisiologia si misura.
La testa no.

Andy Kirkland ha pubblicato uno studio che dice una cosa chiara:

"I coach imparano più dall’esperienza sul campo che dai corsi ufficiali."

Per forza. I corsi sono pensati per vendere badge.
Ma il mestiere vero lo impari ascoltando gli atleti, sbagliando le programmazioni, chiedendo scusa, facendo domande intelligenti.

Sai qual è il miglior indicatore di un coach efficace?
Quanto dura il rapporto con l’atleta.
Non il suo VO2max. Non il tempo in gara.
Ma quanto resta con te.

Il problema è che tanti coach (troppi) si fissano PREVALENTEMENTE sui numeri.
Zone, soglie, W/kg, HF, LT2, MLSS, pippe varie.
Poi l’atleta molla.
Perché non si sente capito.
Perché ogni messaggio che ti scrive riceve un “Thumb Up” come risposta.
Perché tu sei più interessato al grafico del suo picco di potenza che al fatto che sta perdendo fiducia in sé stesso.

  • Parla con i tuoi atleti. Davvero. Non solo “com’è andata?”

  • Chiedi: “Come ti sei sentito?”, “Perché pensi sia andata così?”

  • Impara ad ascoltare anche le pause, i silenzi, gli “è andata bene dai” detti a mezza voce.

  • Costruisci fiducia. Non performance.

  • Se il rapporto tiene, la prestazione arriva. Se il rapporto si rompe, puoi anche aver scritto la tabella perfetta… ma non servirà a niente.

    Vuoi evitare di diventare una rana bollita?

Vuoi evitare di diventare QUELLA rana bollita?

Allora smettila di essere solo un tecnico.
Diventa un coach nel senso vero del termine: presente, curioso, coinvolto, umano.

Perché l’algoritmo è bravo. Ma non può credere in un atleta quando nemmeno lui ci crede più.

E quella, caro mio, è ancora roba solo nostra.

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