lunedì 31 dicembre 2012

Best of the Month [Dicembre 2012]

Triathleta del Mese
James Cunnama


di Christian "Mac" Ferretti

Non è agevole scegliere l'atleta del mese in un mese in cui non si gareggia , a meno di voler considerare le gare "Down Under", che comunque non sono nel pieno della stagione, fatti salvi un paio di Ironman. Ed ecco quindi che la scelta cade sul personaggio in questione, per meriti, per così dire, extra sportivi (con un'eccezione, che presto capirete). James Cunnama, quindi, un ragazzone sudafricano con base in... Sudafrica, a differenza di diversi suoi conterranei che si sono trasferiti per i più disparati motivi in Europa o America. Un Sudafricano che fa parlare di sé, nel triathlon, dopo Conrad "The Caveman" Stoltz, e l'emergente cortista Itu Murray, non tantissimi nomi di fama internazionale, benché il Sudafrica annoveri in realtà un discreto numero di gare di ogni distanza e disciplina, e anche una buona partecipazione, sia amatoriale che come numero di elite. Ma questa non è una disamina del movimento sudafricano, quindi torniamo a noi: Cunnama si fa notare dal grande pubblico mondiale, grazie al secondo posto a Klagenfurt nel 2009, per poi inanellare una buona sequenza di vittorie e piazzamenti prestigiosi anche nel 2010, con la prima vittoria pallinata, dapprima nella mezza distanza, ad Austin, e poi centrando il bersaglio grosso sempre in America, nell'Ironman Florida, chiudendo con 8h15'. Ma l'impresa è del 2012, quando a Roth entra nell'esclusivo club dei sub-eight, e proprio sul filo del rasoio, in 7h59'59". D'accordo, lo so che Roth non si corre a dicembre, ma l'avevo scritto che non era facile, no? E questa comunque era l'eccezione sportiva per la scelta, come avevo preannunciato. Quello che lo fa eleggere atleta del mese, in realtà, è una certa dose di sfortuna che ce lo fa apparire più umano, nonostante appunto l'appartenenza ad una elite di superveloci, e di conseguenza più simpatico. Il ragazzone sudafricano, infatti, ha vissuto una stagione travagliata, fuori per diversi mesi per infortuni (che c'entri qualcosa il metodo di allenamento del suo mentore, il discusso Brett Sutton? Ai posteri l'ardua sentenza, certo che statisticamente ne ammazza di più Sutton che l'addestramento dei Navy Seals), e con un paio di disavventure legate al passaporto, che per lui deve essere una sorta di maledizione, una raccontata da lui stesso nel suo blog, l'altra da Triathlete Europe. Partiamo da quest'ultima: appena terminato quel simpatico massacro dell'Embrunman, quasi nemmeno il tempo di sciacquarsi, e via di corsa in macchina, alla guida lo stesso Sutton, per raggiungere in tempo l'aeroporto di Nizza, dato che il giorno successivo scadeva il suo visto, con il rischio di ritrovarsi in Francia da campione...clandestino. Quattro e rotte ore di auto, dopo un ironman devastante, l'arrivo in aeroporto, il volo a distanza di poche ore, ma nessun posto in albergo, quindi Sutton che lo lascia per l'appunto in aeroporto. Dove scopre di aver smarrito l'attrezzo multiplo, indispensabile per smontare la bici, ancora "sudata" da Embrun, e infilarla nelle apposite sacche. Non dice nell'intervista, come poi abbia fatto (non credo vendano brugole e cacciaviti in aeroporto a Nizza, ma magari c'è un "sivende" nei paraggi, o per lo meno una ferramenta), o se Sutton lo abbia costretto, per non perdere tempo, a tornare a nuoto. Ma ci dice che al rientro in Sudafrica, era leggermente distrutto, cosa che non si stenta a credere. Analoga la disavventura narrata da lui stesso nel blog: lui e Jodie Swallow hanno fatto il viaggio dall'Inghilterra a Vitoria Gasteiz, per partecipare ai campionati mondiali di lungo, in auto, per evitare le frontiere, dato che di nuovo il Nostro era senza visto, avendo spedito il passaporto per la sua apposizione, e mai ricevuto indietro... Ora, vien da chiedersi se qualcuno nella burocrazia sudafricana ce l'abbia con lui, oppure se pianifica i suoi viaggi non con il dovuto anticipo, ma tant'è. Per fortuna il visto gli arriva per tempo (dice che ha raccolto il passaporto lungo la strada per l'aeroporto, è lui stesso a ironizzare sul "largo anticipo"), ed il viaggio di ritorno è meno rocambolesco, riesce a godersi lo spettacolo del triathlon olimpico comodamente seduto in tribuna, senza doversi guardare dai bobbies londinesi. Insomma, disavventure da persona normale, capitano evidentemente anche a chi è capace di correre i 226 km in meno di otto ore. A James Cunnama auguriamo un 2013 ricco di soddisfazioni, lontano dagli infortuni e dalle... guardie di confine!


Disco del Mese



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