martedì 20 settembre 2022

Il mio IronMan Italy 2022: 9h34' e un cuore grande così!

 

Come sempre, al termine di un IronMan, sono talmente le cose che passano per la testa che si rischia sempre di scordare qualcosa, ma anche se quel qualcosa non attraversa i pensieri, sicuramente alberga in qualche posto in fondo al cuore.

I giorni prima sono montagne russe di emozioni: giovedì c'è la tensione pre-gara, venerdì la consapevolezza che con il meteo disastroso previsto per il giorno dopo la gara possa essere un'agonia o che possa saltare. Si decide (per fortuna) di spostare la gara alla domenica insieme al 70.3 (il 5150 sarà eliminato, lo so, è una decisione drastica, però qualcosa bisognava fare), ma si resta in attesa dei danni che la tempesta ha provocato il sabato. Alle ore 18 finalmente c'è l'ufficialità della partenza, consegna bici con fila chilometrica fino alla notte, ma lo sforzo dell'organizzazione per mantenere tutto  è da applausi ed il giorno dopo si gareggerà in totale sicurezza.

Il giorno dopo...

Dopo tanti dubbi c'è una finalmente una certezza: ci sono tutte le condizioni per fare una grande prestazioni. Per chi ha un obiettivo cronometrico ben fisso, condizioni ottimali si traduce però in tante aspettative per non fallire.

Dopo 10h06' dell'anno scorso, il mio obiettivo naturalmente era scendere sotto le 10 ore. Le indicazioni dell'IronMan di Klagenfurt a Luglio erano decisamente ottimistiche: con una prestazione del genere su un percorso più facile come quello di Cervia sicuramente sarei riuscito a centrare il mio obiettivo, ma calcoli e chiacchiere valgono ben poco quando bisogna tirare le somme.

Muta consentita e mare calmo: nuoto in totale scioltezza senza mai forzare uscendo come previsto in 1h01'.


La zona cambio lunga 1km, allungata per unire IronMan e 70.3,  sembra non finire mai, ma appena salgo in bici mi sento totalmente centrato sull'obiettivo e motivato a dare il meglio.

Gestisco come da tattica impostata la prima parte di gara fino alla prima salita di Bertinoro, lì mi alzo sui pedali e comincio a spingere, breve recupero in discesa e poi comincio a martellare in bici.

Solitamente a metà gara arriva sempre un po' di stanchezza, più che altro mentale... mancano ancora 90km di bici e c'è ancora tanto da pedalare, ma stavolta mi sento completamente in forza con la voglia di spingere ancora.

Parentesi necessaria sulla questione scie, dovute alla presenza sul percorso di atleti sia dell'IronMan che del 70.3. Ci sono stati episodi di scia? Naturalmente, come avrà visto chiunque abbia partecipato, sì. C'era modo di approfittarne in maniera esagerata? Come sempre, dipende dalla volontà di ciascuno. Per quanto mi riguarda parlano i miei watt. Discorso chiuso.

Fresco durante tutto il percorso, vento sempre a favore dove serviva e sfavorevole dove non causava danno, e naturalmente una condizione eccellente (eh beh!), mi fanno chiudere la frazione sotto le 5 ore, con un tempo addirittura migliore rispetto alle mie aspettative.

I primi 200mt della corsa mi fanno subito capire che tipo di maratona sarà, e stavolta capisco che anche l'ultima, sarà un'ottima frazione.

Non faccio calcoli, ma so bene che anche con una corsa più lenta del previsto ho parecchio margine per stare sotto le 10 ore. 

Però da un po' di tempo non mi piace giocare più per "pareggiare", ma vado sempre "all in", anche a costo di perdere tutto.

E così spingo anche la corsa.


C'è solo una cosa ormai che mi preoccupa: dopo 2km di corsa il bicipite femorale sinistro si irrigidisce pericolosamente in continuazione. Che faccio, rallento? Ma non se ne parla! Cerco di cambiare postura di corsa finché non trovo un movimento che non mi dà fastidio.

E così dopo i primi 10km, quando passa anche quel fastidio, sono consapevole che nulla potrà più fermarmi. Durante l'ultima frazione non guardo mai l'orologio, il passo è costante senza cedimenti e non c'è bisogno di conferme cronometriche!

Quando mancano 4km penso che posso anche aumentare l'andatura, ormai potrei correre per altri 42km!

Sotto il traguardo, che segna 9h34', mi aspetta Alessia, pronta a passarmi il cappellino da Panda.

E' il nostro rituale, che ci ha accompagnato in ogni gara, quelle dove arrivo stravolto e quelle, come  oggi, esaltanti. Ma quando lo indosso, stanchezza o no, c'è sempre un sorriso che mi solca il volto.

Oggi, oltre il sorriso, c'è anche un cuore enorme, quello che regalo a mia moglie e a chiunque, in tanti anni che faccio triathlon, ha condiviso il mio percorso,anche solo di passaggio, anche per solo un metro, verso il mio obiettivo.



 

 

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