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La motivazione e la sua ricerca deve necessariamente seguire l'andamento della programmazione annuale degli allenamenti, come se fosse essa stessa un tassello da inserire nella painificazione.
Come potrete imamginare, così come non si può essere in forma in ogni momento dell'anno, così non potremo essere sempre pienamente motivati.
E va bene così, sia da parte degli atleti, sia da parte dell'allenatore nei loro confronti.
Andiamo a ritroso...
La settimana dopo l'IronMan la stanchezza è un vaghissimo ricordo, abbiamo l'euforia a mille e stiamo già scegliando quale IronMan fare per il prossimo anno.
Assecondiamo l'euforia, questo solitamente è il momento dei festeggiamenti"
Un passo indietro...
Nel periodo agonistico, a ridosso delle gare, è abbastanza semplice trovare il giusto focus, anzi, in quelle fasi dove comincia a salire l'drenalina, il compito dell'allenatore è proprio mantenere il proprio atleta sui binari per concentrarsi sulle fasi più delicate della preparazione.
Torniamo ancora indietro.
La fase invernale, subito dopo le festività, è invece il periodo più buio, quello dove fatica e allenamenti cominciano ad intensificarsi e le gare sembrano ancora lontanissime.
Ecco quello è il momento dove dobbiamo dare spazio all'estro nella ricerca della giusta voglia per allenarsi, dove l'allenatore in primo luogo dovrà farsi carico di "caricare" il suo atleta.
Arriviamo infine all'offseason.
Ragazzi, qui non devono esserci regole, questa è una fase di decompressione e distacco, quella in cui possiamo permetterci di allentare non solo con gli allenamenti ma anche di testa.
Se siete già dterminati, ben venga, non fa mai male, ma se vi sentite lontani dallo spirito agonistico, prendetevi e godetevi anche questo momento di mare in bonaccia.
In realtà non devo dirvelo io, perchè già lo sapete che al prossimo IronMan arriveremo con una motivazione determinante, come sapete pure che il prossimo IronMan è esattamente, di già, dietro l'angolo...
Quando si è giovani e non si hanno gli strumenti migliori, a volta è facile sbagliare.
Anche nell'allenare.
Quando ho iniziato a seguire a distanza qualche atleta negli allenamenti una decina di anni fa, non avevo un modo per analizzare compeltamente ogni sessione e, soprattutto, era difficile controllare che ogni atleta avesse eseguito il giusto allenamento nel giorno giusto.
Sicuramente nel corso degli anni ho avuto il privilegio di allenare persone, prima che atleti, che hanno agevolato il mio lavoro, aggiornandomi su difficoltà varie della loro preparazione, ma noto che non per tutti è così.
Capita anche però che alcuni atleti volutamente evitano di aggiornare il proprio allenatore su allenamenti saltati o mancanze varie per vedere se "se ne accorge".
E chiaramente poi rinfacciarglielo.
Comprenderete che fondare un rapporto coach-ateta sul dubbio, sulla mancanza di fiducia, sulle recriminazioni e sui sotterfugi, produce conseguenze tossiche, pensate un po', soprattutto per gli obiettivi sportivi dello stesso atleta.
(ma non dovrebbe essere così per qualsiasi rapporto interpersonale, in realtà?)
A questo punto le opzioni sono tre:
- vi affidate compeltamente al vostro allenatore, mettendolo nelle migliori condizioni per allenarVI
- vi scegliete un altro allenatore
- vi silura il vostro allenatore
Sapete bene che nel PandaLab diamo massima importanza alle sensazioni del corpo e all'utilizzo della percezione della nostra fatica.
Proprio per questo abbiamo raccolto tutto il nostro pensiero in una guida scaricabile gratuitamente sul sito del PandaLab.
Ma quandosi parla di sensazioni, ogni parola in eccesso risulta superflua, quindi basta chiacchiere e andate subito a leggerla qui!
Ogni domenica vado a correre in mezzo ai boschi della Riserva Naturale del Catillo, quindi gareggiare al Tibur Ecotrail proprio su quei sentieri è quanto mai gara di casa.
Il percorso è tanto stupendo quanto impegnativo, con molti passaggi tecnici su roccia , sia in salita che in discesa.
La partenza, a ritmo controllato, all'interno di Villa Gregoriana ha sempre il suo fascino, anche se purtrooppo c'è sempre poco tempo per godere gli scorci che offre.
All'uscita della Villa comincia la fatica vera... Nei primi 5km (di 15 totali) alterno corsa e camminata nei tratti più ripidi, cercando sempre di gestire il passo, non essendo uno specialista delle corse in montagna.
A metà gara, nei tratti prevantemente pianeggianti invece riesco ad impostare un bel ritmo, riguadagnando qualche posizione...
...che tuttavia riperderò negli ultimi 2km finali, quando la strada torna in picchiata con tanti passaggi dove preferisco scendere con il freno a mano tirato per evitare cadute.
Chiudo con un discreto 22° posto assoluto, anche se sicuramente questa era l'ultima gara dove mi interessava la classifica.
Ci saranno altri luoghi e tempi dove battagliare.
In questo periodo i ragazzi che alleno si trovano spesso nel loro programma dei lunghi di corsa da fare su percorso collinare, sterrato e/o trail.
Ma nello specifico, cosa è meglio fare, con quale priorità e in che periodo della preparazione?
In questo periodo la cosa migliore - chiaramente per il mio metodo - è buttarci tutto dentro, ovvero: tanto dislivello, tanto sterrato, tanti percorsi di montagna (per chi li ha a disposizione).
Serve al corpo, con richiami di forza e per creare una fase aerobica, e alla mente, perchè non c'è niente di più rigenerante per lo spirito di una corsa tra i boschi.
Tuttavia, la corsa in montagna, alza il rischio di infortuni dovuti a storte o cadute, soprattutto per chi non è avvezzo al trail running.
Proprio per questo, quando entreremo nella fase specifica, abbandoneremo questo tipo di terreno, prediligendo l'asfalto, meno romantico ma meno soggetto al rischio di cadute.
Certo, poi mi direte che l'asfalto è una superficie dura, che ci sottopone ad altri stress che possono causare infortuni, però se non avete modo di allenarvi in Kenia sulle strade in terriccio oppure in qualche modo vi adattate.
Perchè alla fine si tratta sempre di quello, adattarsi o attacarsi...
Ora, in particolare, il post aveva un'accezione positiva, ma spesso questa autoreferenziazione l'ho riscontrata, da parte dei miei atleti, anche quando mi dilettavo in sani reprimenda.
Il fatto è che, tranne in rare eccezioni nelle quali il post era ispirato da episodi specifici, cerco sempre di dare una visione piuttosto universale, in modo da abbracciare uno spettro più ampio di esperienze.
La cosa comunque, mi soddisfa parecchio, perchè "arrivare" alle persone signfica comunicazione efficace, e la comunicazione efficace è un mezzo fondamentale per allenare.
Quindi, se te lo stai ancora domandando... si dico proprio a te!
Da anni ormai utilizzo la programmazione inversa per preparare le stagioni agonistiche dei miei atleti.
Secondo i canoni di questa metodologia, in estrema sintesi significa che nell'offseason autunnale bisogna lavorare su qualità e/o velocità (non solo, naturalmente) riducendo drasticamente il volume ed i lavori aerobici.
Sutton, uno dei principali sostenitori di questo metodo, raccomanda addirittura di non superare mai l'ora di allenamento in questa fase.
Io però preferisco fare alcune variazioni su questo approccio, soprattutto nella corsa, dove comunque cerco di fare dei richiami costanti di lunghi estensivi.
Questo sostanzialmente per varie ragioni:
-Sutton allena prevalentemente professionisti che nella fase specifica, nella corsa sono in grado di sostenere elevatissimi volumi di allenamento, quindi tagliarlo in questo periodo non è un problema per loro
-gli stessi professionisti, in un'ora di corsa riescono comunque a mettere in cascina un buon chilometraggio (oltre al fatto di allenarsi costantemente con bigiornalieri, il che comunque produce necessariamente una importante base aerobica)
-per preservare i miei atleti dagli infortuni, nella fase specifica sviluppo un programma basato sulla consistenza che mi permette di fare i lunghissimi di corsa comunque con una distanza assai ridotta rispetto ai lunghissimi "tradizionali", ma c'è bisogna quindi di costruire un minimo di base aerobica in questo periodo
O forse quelle di sopra sono tutte scuse che mi do per giustificare il fatto di andare a perdermi per ore in mezzo ai boschi intorno casa mia...
Quando individuo qualcuno che potrebbe diventare un triatleta divento un coccodrillo.
Azzanno la preda e non mollo più.
Questa però è la prima fase, quella del coinvolgimento, dove mi piace condividere quanto possa essere divertente il triathlon.
Poi però c'è la seconda fase, quella dove invece faccio il gioco contrario e spiattello, a volte anche esagerando, tutte le difficolà: organizzative, logistiche ed economiche.
Questo perchè vorrei che si approcciasse a questa disciplina chi veramente abbia la giusta determinazione.
Questo doppio approccio verso gli esordienti si estremizza ancor di più nei confronti di chi non pratica già nuoto, ciclismo o corsa.
Chi parte da zero, ma veramente da ZERO, si trova da subito sbattute in faccia una serie di difficoltà contro le quali è (più) facile cedere il passo.
E così succede con il 95% delle persone che mi dichiarano un interesse nell'avvicinarsi al triathlon.
Ma in quel 5%, perchè vi assicuro che c'è anche un 5% che insiste, c'è una determinazione tale che, potete scommetterci quello che volete, li porterà a conquistarsi qualsiasi obiettivo vorranno!