martedì 28 marzo 2023

Il metodo giusto e (è) quello che funziona [il pragmatismo e l'arte di allenare - parte 1]


Spesso ci si imbatte nel mondo del triathlon in personaggi (me compreso per carità!) che hanno una determinata linea di pensiero da applicare alla metodologia degli allenamento e la perseguono con determinazione esenza compromessi.

Senza compromessi non significa che non sono aperti a sperimentazioni, anzi, ma che tali variazioni saranno adottate solo nel caso che:

1) la precedente linea non offra più garanzie/risultati
2) la nuova linea possa effettivamente protare benefici 

Chi ha una visione così determinata e chiara, naturalmente si espone al gioce del metodo "giusto o sbagliato", che è la cosa peggiore in cui si possa cadere.

Quando si entra in questo gioco, mi dispiace per gli assidui seguaci della "scienza", ma si finisce per girare sempre intorno senza mai arrivare all'unico punto che conta.

Giusto è quello che funziona. 

Se un mio atleta fa più forte 750mt di nuoto a stile cagnolino rispetto al crawl, la "scienza" può spiegarmi tutta la tecnica e la cinetica "migliori", ma io continuerò a farlo nuotare a cagnolino.

Il mio obiettivo come applicazione del modello di prestazione è quello di risolvere problemi concreti e  produrre risultati utili, dove il valore di un risultato è determinato dalla sua efficacia nella pratica, piuttosto che da considerazioni teoriche o astratte. 

Il mio interesse non è dunque finalizzato alla correttezza logica o la coerenza teorica di un metodo, quanto piuttosto la sua utilità pratica finalizzata ad una risoluzione che ha profitto ed efficacia.

In estrema sintesi, se ti alleno io, "il giusto" è quello che dico io e basta.

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