Vi dico subito la riposta finale: la fiducia.
Confidence la chiamano quelli bravi.
Sembra una banalità, ma le banalità hanno spesso il pregio di custodire verità.
Fiducia nel lavoro del coach e fiducia in loro stessi.
Gli atleti forti che alleno non si fanno mai troppe domande, non si creano mai troppi problemi, ma non perché non hanno dubbi.
Ma perché:
1) sanno che se c'è un problema o qualcosa da sistemare nella preparazione ci pensa il coach (che lavora proprio per quello)
2) tutte le energie anche mentali che sprecano in cose INUTILI sono energie mentali che potrebbero investire meglio, nello sport ma soprattutto fuori dallo sport
Facciamo una distinzione: chiedere come si svilupperà la programmazione nelle prossime settimane o nei prossimi mesi, per esempio, è un argomento anche di interesse nella condivisione di idee tra coach e atleta.
Ripetere in continuazione che "non si hanno certi ritmi nelle gambe" o che "non so se riuscirò a finire la gara" sono argomentazioni che non servono non producono e non portano ad alcunchè.
Una volta un atleta, esordiente sul mezzo IronMan, che aveva svolto una preparazione impeccabile, a tre settimane dalla gara mi ha scritto in preda al panico perché non era sicuro di poter concludere la gara.
Il mio dubbio invece era se lo avesse chiuso con un buon tempo o un ottimo tempo.
Ok, il coach serve anche a rassicurare il proprio atleta del lavoro che ha fatto (e sebbene io non sia un data addicted, in questo caso bisogna sbattergli in faccia i dati), ma per poter realizzare grandi obiettivi bisogna cominciare ad avere questa fiducia soprattutto nelle proprie capacità.
Se non la avete, io posso compensare questa mancanza dandovi ogni spiegazione che chiedete, ma vi assicuro che se non imparate ad acquisirla (a prescindere dall'obiettivo, naturalmente) sarete sempre degli atleti incompleti.
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