lunedì 28 aprile 2025

I 20 ATLETI CHE... DOVRESTI ALLENARE! (Perché ci sono ancora persone che ti fanno amare questo lavoro, nonostante tutto)

Qualche tempo fa scrissi un post, apprezzatissimo, sui 20 atleti che NON dovresti mai allenare.

Adesso tuttavia, mi pare giusto rendere anche merito e onore agli atleti che DOVRESTI e che VORRESTI sempre allenare.

Perchè per ogni atleta che ti fa alzare gli occhi al cielo, ce n’è almeno uno che ti fa dire:
“Dai, oggi scrivere le tabelle è quasi un piacere.”

Sono loro, gli atleti da tenere stretti.
Non perché siano sempre performanti, costanti o geniali.
Ma perché ti fanno fare il coach con il cuore leggero.


1. Quello che ti ringrazia, anche quando lo massacri

Gli mandi un 5x2000 in salita sotto la pioggia.
Ti scrive:

“Coach, mi è servito. Grazie.”
Tu piangi. Silenziosamente.


2. Quello che ti manda i feedback (su Training Peaks, non su whatsapp) senza che tu debba chiederglieli

Sai sempre come sta.
Sai sempre cosa ha sentito.
Sai cosa fare.
Tu. Sei. Felice.


3. Quello che non capisce tutto, ma si fida

Non è uno scienziato dello sport.
Ma ti ha scelto.
E si affida.
E non cerca ogni giorno su Google “variazioni del lattato nella corsa a digiuno”.


4. Quello che ti fa ridere

Ogni messaggio è una scenetta.
Ti manda meme.
Ti scrive battute.
E tu pensi:

“Ok, questo coaching è anche intrattenimento.”


5. Quello che ti chiede “come stai”

Non ti vede solo come un fornitore di tabelle.
Ogni tanto si ricorda che sei umano anche tu.
Ti scioglie.


6. Quello che ti ascolta davvero

Gli dici “rallenta”, e rallenta.
Gli dici “fermati”, e si ferma.
Un miracolo.


7. Quello che ha i suoi limiti… e li accetta

Non ti chiede di diventare un pro in 3 mesi.
Ti chiede di stare meglio. Correre meglio. Vivere meglio.


8. Quello che non ha paura di deluderti

Fa quel che può.
Quando può.
Senza ansia da prestazione col coach.
Perché si fida, davvero.


9. Quello che ti scrive dopo ogni gara (anche se è andata male)

“Grazie per esserci stato. Oggi non è andata, ma ci riprovo.”
E tu pensi:
“Questo è il motivo per cui faccio tutto questo.”


10. Quello che resta anche quando va tutto storto

Non cambia coach a ogni crisi.
Ti parla. Si confronta. Resta.
E tu, coach, cresci con lui.


11. Quello che ti ascolta… ma ti mette anche in discussione con rispetto

Non è un robot.
Fa domande vere.
Vuole capire.
E con lui, cresci anche tu.


12. Quello che migliora poco alla volta, ma migliora

Costante. Silenzioso.
Mai un colpo di testa.
Solo piccole vittorie continue.
Una sinfonia di progressi.


13. Quello che motiva anche gli altri del team

Non è un leader ufficiale.
Ma è quello che tutti stimano.
E tu lo sai. E gli vuoi bene per questo.


14. Quello che rispetta il tuo tempo

Non ti scrive 12 vocali alle 23:54.
Non pretende risposte immediate.
Ti dà spazio.
E tu, per lui, dai il meglio.


15. Quello che ti coinvolge nelle sue vittorie

Gara andata bene? Ti scrive.
Ti chiama. Ti tagga. Ti ringrazia.
Ti fa sentire parte.


16. Quello che cresce… come persona, non solo come atleta

Migliora. Cambia. Diventa più consapevole.
E tu ti dici:

“Forse, un pezzettino di questo cambiamento è anche merito mio.”


17. Quello che ha fatto tutto il percorso con te

Dall’inizio.
Dai primi passi.
E ora è lì, diverso.
Ma con te.
Storia condivisa. Emozione vera.


18. Quello con cui rimani in ottimi rapporti, anche se non lo alleni più

La collaborazione sportiva è finita.
La fiducia no.
Il rispetto no.
Ti senti ancora, magari per un saluto, un consiglio, un “come stai?”.
Perché il legame vero resta, anche quando non c’è più una tabella da condividere.


19. Quello che ti fa i regali, mica perché deve… ma perché è felice di renderti felice

Una disco.
Un cesto.
Un whisky.
Una maglietta con una scritta assurda.
Non è il regalo.
È il gesto.
È il pensiero.
È sapere che, nel suo piccolo, vuole ringraziarti per esserci stato.

E tu ti commuovi più per un portachiavi da 3 euro che per una medaglia d’oro.

20. Quello che un giorno ti dice solo: “Coach, grazie.”

Non serve altro.

Tu leggi.
Ti fermi.
Sorridi.
E riparti.


 Allenare può essere estenuante.

Ma ci sono persone che rendono tutto questo bellissimo.
Persone che, quando ti chiamano “coach”, lo fanno col cuore.

Tienile. Coltivale. Fidati di loro.
Perché sono la parte vera del mestiere.

E se oggi ne hai anche solo uno…
sei già un coach fortunato.

venerdì 25 aprile 2025

La periodizzazione a blocchi... per il coach


Dal momento che ho avuto quest'anno molti atleti che mi hanno chiesto di impostare una preparazione, non su una singola gara, ma su una competitività prolungata su più gare (naturalmente su distanza sprint e olimpica), ho valutato di sviluppare per loro un programma basato sulla periodizzazione a blocchi, che permettesse di eseguire vari cicli di carico e scarico anche a breve termine: le cosiddette fasi di "Accumulo", "Trasmutazione" e "Realizzazione".

Questo approfondimento mi ha consentito di individuare e definire un parallelo progresso strutturale del caoch, di pari passo a quello dell'altleta, ovvero:

ACCUMULO... di pazienza. Quando il volume ed il carico in generale dell'atleta, il coach deve sopportare pazientemente le sue lamentele determinate da un approccio impattante con il primo blocco di un nuovo modo di allenarsi.

TRASMUTAZIONE... dell'animo. Quando si inseriscono gli allenamenti di qualità, anche impegnativi, ma "PER MAGIA" cominciano a entrare bene all'atleta, c'è una vera e propria mutazione di approccio. In particolare si passa da: "Non ce la farò mai" a "Ma lo sai che quasi quasi..."

REALIZZAZIONE... della realtà dei fatti. Quando ti arriva alla fine il messaggio "Stai riuscendo a farmi fare cose incredibili, quando sto da solo e vedo i risultati do ve siamo arrivati mi fai piangere di gioia perchè mi stai portando a fare delle cose che non avrei mai pensato di riuscire a fare così". In questo caso però, la realizzazione dei fatti è dell'atleta, perchè il coach, sotto sotto, lo sa dall'inizio  dove porta ogni percorso.

Con ogni suo singolo atleta.

martedì 22 aprile 2025

La consistenza sui social dei coach


Ultimamente vedo parecchi giovani coach che si pubblicizzano sui social.

Alcuni lo fanno in maniera eccellente (altri in maniera patetica ma questo è un altro discorso), con contenuti e qualità grafiche davvero accattivanti.

Instagram, podcast, insomma si vede che c'è molto lavoro dietro, e fatto bene.

Mi permetto, con un pizzico di esperienza (ho inziato più di 15 anni fa a scriver eun blog che ha raggiunto quasi due milioni e mezzo di visualizzioni uniche) di dar loro qualche piccolo consiglio, non tanto per spirito paternalistico (che ci potrebbe comunque annche stare), ma anche perchè come amante del triathlon mi piacerebbe vedere questo tipo di comunicazione.

(perchè di comunicazione stiamo parlando eh, non di formazione e/o compentenza)

Innanzitutto create un prodotto che sia sostenibile e consistente a lungo termine.

Non ha senso fare un podcast meraviglioso, se poi per impegni, investimento, carenza di idee, o altri cazzi, riuscite a farlo solo per 4 mesi.

Strutturare un programma che sapete che potete gestire a lungo, anche per non illudere i vostri sostenitori.

Seconda cosa, cercate un po' originalità, non tanto nello stile (perchè ormai è facile inventarsi un personaggio) quanto nei contenuti, perchè di "5 consigli per correre al meglio" ne è pieno il web e, francamente, ce ne saremmo pure rotti li cojoni.

Terza cosa, parla come magni: quando vedo un video o leggo un post, devo sapere che quello sei tu. Se poi dal vivo parli o scrivi diversamente, si perde tutta la credibilità.

Niente di semplice e niente di immediato, lo so, ma se avete scelto il triathlon, probabilmente, lo sapevate anche voi che non ci sarebbe stato nulla di semplice e immediato…

giovedì 17 aprile 2025

I problemi intestinali in gara

 

Se sei un triatleta, c’è una cosa che prima o poi ti succederà.
Non è il crampo al tricipite nella terza ora di bici.
Non è l’aver perso l’orologio nel lago in gara. 
Non è nemmeno l’aver dimenticato le borrace.
O almeno, non solo queste cose.

È correre verso il bagno anziché verso il traguardo.

La notizia che tutti fanno finta di ignorare è che  no, non è solo questione di aver mangiato male la sera prima (o la mattina stessa).
Questa è la scusa più comoda che ci diamo, ma in realtà i problemi intestinali in gara sono spesso causati da altro.

Anche se non vuoi ammetterlo, anche se ti ostini a dirti di non esagerare con i grammi di carboidrati all'ora, o di sperimentare in allenamento i prodotti che userai in gara.

Chiariamo subito un concetto fondamentale: l'alimentazione conta, ovvio.
Se due ore prima della gara ti sei scofanato una teglia lasagne della nonna e un litro di vino perché "comunque è carboload",  ti meriti ogni singolo minuto passato in ginocchio davanti a un bagno chimico.

Ma nella stragrande maggioranza dei casi, soprattutto nei problemi acuti in gara, il principale colpevole è l’intensità dello sforzo.

Non fate finta di niente... ve lo ridico: E' PERCHE' STATE ANDANDO TROPPO FORTE.

Vari studi scientifici  classificano le cause dei disturbi gastrointestinali durante l’esercizio in tre grandi categorie:
Fisiologiche, Meccaniche e Nutrizionali.
Spoiler: solo una di queste ha a che fare con la teglia di lasagne di nonna

Quello che mi interessa adesso è il primo aspetto. 

In sostanza:

  • il sangue, durante l’esercizio, va dove serve (muscoli, cuore, ego), e l’intestino resta lì, abbandonato come il gel in fondo alla tasca
  • le cellule dell’intestino cominciano a perdere pezzi, letteralmente:  marker del fatto che il tuo intestino sta gridando “AIUTO”
  • l’intestino diventa più permeabile, diventa un colabrodo. Passano cose che non dovrebbero passare, tipo zuccheri, tossine e probabilmente anche il senso di dignità.

 La buona notizia è che c'è una soluzione, a tutto questo.

Non fare il fenomeno.

Lo so, non è semplice, ed è uno degli aspetti più complicati per un IronMan, ma  qualcuno doveva pur dirvelo (o meglio, ricordarvelo)

E poi vabbè dai, ogni tanto può succedere.
E' successo anche ai migliori, tipo me.
Anche se hai fatto tutto giusto.
Anche se hai seguito la tua tabella.
Anche se hai mangiato bene.
E no, non è una sconfitta.
A meno che non hai sporcato anche il body nuovo, allora lì sì che è una tragedia.

mercoledì 16 aprile 2025

Nuota (per sopravvivere), pedala e corri per comptere nell'IronMan (soprattutto se sei vecchio)

 

“Quale disciplina conta di più in un IRONMAN?”

La risposta, o almeno una delle tante, ce la dà la scienza. 

Il team di Beat Knechtle (sì, esiste davvero, non è il nome di un energy drink) ha analizzato qualcosa come 687.696 risultati di gare IronMan. Praticamente hanno preso tutti gli age group del mondo  e hanno visto cosa realmente impatta sul tempo finale in gara.

Il risultato, scontato per alcuni, auspicabile per molti è che il nuoto conta come il due di coppe quando briscola è bastoni.

 Non solo: se l'ertà non perdona, il nuoto ancora meno.

Con l’età, tutte le performance calano — ok, niente di nuovo.

Ma sapete qual è la prima a diventare praticamente irrilevante ai fini del risultato?

Esatto.

Sempre il nuoto. 

Di conseguenza, se avete più rughe che watt nelle gambe, ha ancora meno senso investire metà settimana in piscina. 

E manco, a dirlo, se dovete investire poco tempo in piscina, non sprecatelo con la "TECNICA" ma investite nella forza, almeno non uscite dall'acqua cotti.

Vabbè ma quindi quanto tempo dovreste dedicare al nuoto? 

Te lo dice strong in base al tuo livello:

  • PRINCIPIANTE: 20% del tempo settimanale (la bici costruisce la base, la corsa affina)
  • INTERMEDIO: 15% del tempo settimanale (il nuoto si mantiene, il resto si costruisce)
  • AVANZATO: 10% del tempo settimanale (si nuota il minimo indispensabile)

Poi c'è la questione di come mettere tutto insieme al meglio, ma a quel punto forse sarebbe meglio affidarsi un cazzo di coach...



 



lunedì 14 aprile 2025

Considerazione sull'IronMan Certified Coach

"Strong, ma secondo te vale la pena diventare IronMan Certified Coach?"

Me lo chiedono in tantissimi: allenatori, triatleti, gente che mi segue online, qualcuno che manco conosco ma che mi scrive con la stessa confidenza di chi chiede all'oste se il vino è buono. 

E la mia risposta è sempre la stessa, quella che tanto odio: dipende da cosa stai cercando.

Perché se stai cercando una certificazione che ti faccia diventare un allenatore migliore, con strumenti fichissimi da applicare da domani, la risposta è no.
Se invece stai cercando un bel bollino da mostrare sul profilo Instagram per dire al mondo "ehi, ho il timbro IronMan!", allora sì, è perfetta.

Andiamo un po’ più a fondo.
Il corso costa. Tanto.
A livello di contenuti, è interessante, sì.
C’è del materiale figo, qualche concetto utile, qualche nozione che magari ti eri perso.
Ma di veramente pratico e applicabile sul campo... poca roba.

Molte slide, molte parole, qualche quiz finale che ti fa sentire tornato alle superiori e un rinnovo annuale tanto noioso quanto inutile.

E poi arriva la parte più dolente: la "promessa" di diventare parte del network IronMan Coaches.

Spoiler: in quasi 10 anni che ho quella bella spunta IronMan Coach accanto al mio nome, ho ricevuto tre richieste da parte di atleti tramite il portale ufficiale.
Tre.
Di cui due finite nel nulla cosmico.

Un po' come mettere il tuo profilo su LinkedIn e sperare che Jeff Bezos ti chiami per un colloquio. Possibile? Sì. Probabile? Manco per niente.

Ma allora è tutto inutile?

No, c'è la "figata del nome".
Perché diciamocelo: il marchio IronMan è una calamita.
Quando uno vede "IronMan Certified Coach", si ferma. Si fida.
Per un neofita, o anche per uno che cerca un coach e non sa da dove partire, il bollino rosso IronMan è come il bollino blu sulle uova bio: non sa bene cosa significhi, ma lo rassicura.

E sotto questo aspetto funziona meglio di tante altre certificazioni, magari più serie, più approfondite, più efficaci... ma dal nome meno blasonato.

In conclusione?

È una certificazione utile per farti figo, non per farti bravo.

Non aspettarti clienti che piovono dal cielo.
Ma se vuoi dare una patina di professionalità al tuo nome e hai voglia di entrare nel club dei "Coach IronMan" con il cappellino in testa e la scritta sul sito, allora fallo pure.

Potresti anche non farlo eh... 

...ma se vuoi... fallo! 



mercoledì 9 aprile 2025

La bracciata incessante

 


Quando si ha in programma un allenamento intenso, nervoso e breve, proprio per la ristrettezza temporale, si è portati ad infilarlo nei ritagli di tempo di una giornata già solitamente piena di un tipico atleta amatore.

Gli allenamenti lunghi, estensivi, richiedono invece una predisposizione concettuale accomodante nei loro confronti.

"Mi prendo il tempo che ci vuole" - questo in sostanza è l'approccio - si traduce e trasforma spesso in un allenamento ben riuscitò,  perchè intrapreso serenamente e senza affanni.

In particolare questo approccio si verifica nel nuoto, quando si passa da allenamenti sotto i 2500mt a quelli oltre i 4000mt.

Anche la testa, sott'acqua, è più leggera quando sa che ha molto tempo a disposizione, senza distrazioni, per pensare.

O pregare, come nel mio caso.

Che poi le distrazioni ci sono anche, perchè la mente per sua innata provvisorietà è usa a vagare, ma tali divagazioni, in qualche modo inglobano la preghiera (o meditazione, per altri) stessa.

Si realizza in questo modo la "preghiera incessante" tanto ricercata dal pellegrino russo, espressa attraverso  invocazioni e ringraziamenti rivolti a Dio durante ogn'altra attività quotidiana,  che si muta, nel mio caso, in una straordinaria "bracciata incessante". 

martedì 8 aprile 2025

La mia Gregoriana (prima gara podistica del 2025)

 


Ormai mi limito a correre pochissime gare podistiche, in pratica quelle vicino casa.

Se poi a partecipare ci sono tantissimi ragazzi del Team Panda, e a organizzarla è la Tivoli Marathon, davvero non posso mancare.

Per questo indosso il mio primo pettorale del 2025, per correre da Tivoli a San Gregorio da Sassola.

La gara, 13km in salita, è tra l'altro un'ottimo allenamento nel mezzo della preprazione all'IronMan, soprattutto se affrontato in progressione.

Progressione che, grazie anche al fatto che conosco bene il percorso, mi riesce benissimo.

Primi 20' in controllo per prendere il ritmo.

Grazie a un trio che supera, mi aggancio e riesco ad aumentare il passo sul secondo blocco da 20'. 

L'obiettivo iniziale della giornata era proprio questo, arrivare agli ultimi 20' con ancora energie nelle gambe per spingere, e così faccio.

Negli ultimi 3km in leggera discesa aumento ancora ed ho la foirza di sprintare (da solo, perchè non c'era nessuno davanti o dietro di me) i 500mt finali di salita impegnativa.

Insomma, se avessi potuto disegnare la mia gestione tattica, l'avrei immaginata esattamente così.

13,300km cn 250mt di dislivello a 4'28" di passo.

Tutto perfetto.

Ma in pratica è il primo giorno della preprazione specifica dell'IronMan.

Da disegnare, c'è ancora tanto.

lunedì 7 aprile 2025

Il mito dell'IronMan con 10 ore di allenamento a settimana

 


Diciamoci la verità.

Il triathlon sprint potrà essere quello più divertente, l'olimpico quello più duro, il 70.3 la distanza perfetta, ma quello che richiama maggiormente l'attenzione, il desiderio e ogni più becera attenzione di ogni provetto triatleta resta l'IronMan.

Di conseguenza, anche da parte di chi deve vendere questo prodotto si cercano mile espedienti per farlo sembrare più semplice di quello che sia e attirare nuovi adepti.

Uno di questi, è il tempo per prepararlo, e per tempo non intendo quanti mesi, ma proprio le ore settimanali da dedicare agli allenamenti.

Se da una parte proporre una base di venti (o più) ore settimanli alla maggiorparte degli atleti può sembrare uno schiaffo che riporta ambizioni e sogni alla realtà, è pur vero che la promessa di sentire quel fatidico "YOU ARE AN IRONMAN" allenandosi con una manciata di ritagli di tempo può presentare un pericoloso lato della medaglia.

Uno dei primi famosi allenatori a proporre questa possibilità è stato Matt Dixon, grazie a ottimi risultati che ottenne con i suoi atleti.

Il problema, anzi, i problemi, sono però molteplici.

  • gli atleti che raggiunsero risultati notevoli erano professionisti travestiti da amatori
  • bisogna concentrare molti allenamenti di qualità con conseguente aumento del rischio infortunio
  • non ci si può permettere di saltare in varie occasioni l'allenamento per non diminuire drasticamente il volume totale (e necessario)
  • Certo, è possibile, e per certi versi potrebbe avere anche un senso.

    Per quanto mi riguarda, tuttavia, è una soluzione che andrebbe adottata esclusivamente verso quegli atleti che si vogliono approcciare all'IronMan, con già un minimo di esperienza sulle altre distanze, e che soprattutto non ricerchino la prestazione sportiva.

    In quel caso, cercando di costruire un minimo la distanza a discapito della qualità si potrebbe raggiungere decentemente il proprio obiettivo.

    Prima di arrivare a questo, tuttavia, sarebbe il caso di farsi una chiacchierata con il proprio atleta per conoscere le motivazioni a monte che lo indirizzerebbero verso un percorso del genere.

    Perchè il percorso resta SEMPRE la parte più bella di ogni viaggio.

    giovedì 3 aprile 2025

    ZERO TO ONE (Non solo triathlon: il programma del PandaLab per passare dal divano a fare qualcosa di più attivo, tipo jogging, camminata veloce e altre cazzate del genere!)

    Nel corso degli ultimi anni, il nostro programma ZERO to TRI ci ha regalato enormi soddisfazioni.

    Tantissime sono state le persone che partendo da ZERO sono riuscite ad esordire nel triathlon, sempre con quei requisiti tanto semplici quanto fondamentali: sicurezza, divertimento ed equilibrio tra sport e vita.

    Adesso abbiamo deciso di rallentare ulteriormente il nostro passo per aspettare tutti quelli che stanno ancora sul divano e vogliono approcciarsi in maniera graduale all'attività fisica.

    Per questo vi mettiamo a disposizione tutta la nostra campetenza nel campo dello sport per invitarvi a muovervi nel migliore dei modi, ovvero seguiti in maniera professionale dai tai tecnici del PandaLab.

    Quante volte avete pensato di iniziare a correre ma hai rinunciato prima ancora di provarci? 

    Forse perché sembrava troppo difficile, perché pensavi di non avere il fisico adatto o semplicemente perché non sapevi da dove iniziare.

    Noi siamo qui proprio per voi.

    Per voi che avete provato a correre ma avete mollato dopo pochi tentativi.

    Per voi che avete sempre pensato “la corsa non fa per me” ma volete ricredervi.

    Per voi che siete fermi da troppo tempo e volete ripartire senza traumi.

    Per voi che cercate un metodo chiaro, progressivo e a prova di scuse.

    Non serve essere già in forma, non servono attrezzature particolari, non serve nemmeno crederci al 100%, a tutto questi vi ci portiamo noi!

    Serve solo iniziare, con  un metodo graduale che ti permette di costruire la tua resistenza poco alla volta, con passi semplici e concreti:

    • progressione intelligente: nessun salto nel vuoto, ogni settimana un piccolo passo avanti
    • sessioni brevi e fattibili: non servono ore di allenamento, bastano pochi minuti alla volta
    •  zero stress: niente confronti con gli altri, solo con te stesso
    • obiettivi chiari: sai sempre cosa fare e come farlo, senza improvvisare
    • motivazione costante: ci sarà sempre un motivo per entusiasmarti
    • una community sempre stimolante: resta motivato condividendo i tuoi progressi

    La maggior parte delle persone che prova a correre fallisce perché parte nel modo sbagliato: troppi chilometri, troppo tempo, troppo veloce, troppa fatica, troppa frustrazione, troppo di tutto 

    Il segreto non è la forza di volontà, ma il metodo giusto, e nel PandaLab adottiamo quello che ti indicherà la strada sicura per riuscirci.

    Se vuoi iniziare senza paura di fallire,  questo è il punto di partenza perfetto.

    Questo è il momento perfetto.

    Non vi promettiamo di diventare maratoneti o IronMan, ma di riuscire finalmente a fare quel primo passo che sembrava impossibile.

    Per tutte le info: training@teampanda.it

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