lunedì 29 aprile 2019

Storie di ciclismo sulla salita di San Polo dei Cavalieri


Una volta scrivevo spesso di piccole storie che mi capitavano durante le uscite in bici.
Niente di che, brevi affreschi nei qualsiasi ciclista si è rispecchiato in più di un'occasione.
Come ieri.
Tivoli - Marcellina - San Polo.
C'è prima un tratto di un paio di km prima di arrivare a Marcellina, poi si spiana un po' nel centro del paese, e poi ci sono ancora 8-9km di salita costante intorno al 4% fino al borgo di San Polo.

Incontro #1
Nel falsopiano in discesa prima della salita di Marcellina, supero un paio di ciclisti che stanno chiacchierando.
Prendo qualche metro fino all'attacco della salita.
Appena la strada impenna, uno dei due si alza sui pedali e mi supera a doppia velocità.
Io avevo iniziato da quindici minuti una pedalata che doveva durare 5 ore e naturalmente non avevo alcuna voglia di bruciarmi da subito.
Mi metto regolare del mio passo e salgo.
Dopo duecento metri il tizio davanti non aumenta più il distacco.
Continua praticamente alla mia stessa andatura, ma si vede da lontano che sta in affanno.
Pedala tutto di spalla, pestando ogni pedale come se stesse schiacciando delle noci con le scarpe.
Ma, buon per lui, la salita è breve, ed appena si entra nel centro abitato, invece di proseguire verso qualche spiazzo, si ferma immediatamente e comincia a guardare alle mie spalle come un marinaio che scruta l'orizzonte, per far capire che si era fermato solo per aspettare il suo compagno di pedalate.
Un fenomeno.

Incontro #2
Seconda parte della salita, quella lunga 8km che porta in cima a San Polo.
Anche qui, dopo 2 minuti di salita (più o meno dove comincia la salita di Monte Morra, per chi conosce la zona), mi supera un ciclista dalle sembianze indo-orientali - credo filippino - mulinando a più di 120 pedalate al minuto.
Capisco subito che i casi erano due:
1) non sa dove sta andando
2) non sa che sta facendo
Dopo 10 metri, quando lo riprendo, mi sorride e mi chiede
"Finisce qua la salita o continua?"
"Veramente abbiamo appena iniziato, ci vogliono almeno altri 25 minuti per la cima" rispondo io.
Sorride e si defila.
Dopo un minuto sento delle voci dietro e vedo altri due ciclisti sempre orientali, che prima dicono qualcosa al loro amico e poi si agganciano a me.
Solitamente mi dà fastidio chi silenziosamente si mette a ruota senza dire neanche una parola, ma in questo caso fare l'andatura a due ciclisti esotici mi fa piacere.
Per tutta la salita sento che respirano in affanno ma mi restano agganciati.
Quando arriviamo all'ultimo chilometro, cerco di dare loro un ultimo incoraggiamento
"Dai ragazzi, un ultimo sforzo e tra cinque minuti è finita la salita!"
L'unica cosa che mi risponde il tizio dietro è
"Ah!"
Al tornante dopo mi volto e non ci sono più.
Ecco, e io che speravo di incoraggiarli!
Probabilmente erano al gancio e sapere che dovevano faticare non SOLO 5 minuti, ma ALTRI 5 minuti li ha devastati.
Ma questo è proprio una delle mille sfaccettature che ci fanno amare il ciclismo.

Amo il ciclismo più degli altri sport per questo.
Ogni uscita, in qualsiasi modo, si trasforma in un romantico racconto d'altri tempi.

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