lunedì 24 settembre 2018

Il mio IronMan Italy Emilia Romagna 2018 (quinto IronMan e personal best)





Se scrivo da otto anni su questo blog è perché ho sempre qualcosa da scrivere.
Certo, dopo anni ci sono emozioni che sbiadiscono, altre che si accentuano,  e saper cogliere ogni nuova scintilla non è sempre semplice.
Con l'IronMan però, è tutto più facile.
Comunque andrà a finire, l'IronMan è un romanzo che si scrive da solo.
Basta solo una voce che lo racconti.
Si dice spesso che l'obiettivo non è l'arrivo, ma il viaggio, ma l'IronMan è tutto, i lunghi e faticosi mesi di allenamento, ma anche quelle ore tra la prima bracciata e le braccia alzate sotto il traguardo.
E non provate a dire "ci metti così tanto a concluderlo che ne hai di cose da raccontare", perchè sono convinto che anche i pro, durante le loro otto ore, hanno il proprio romanzo.

Il mio è cominciato con una dormita angelica e serena dalle 22.
Tranquillo e rilassato come non mai.
La mattina della gara faccio tutto con estrema calma, come piace a me.
Quando esco dalla zona cambio, trovo Maria Pia e Sara, che senza dire niente a nessuno, sono partite la sera precedente solo per venire ad incitare il Team Panda lungo la strada.
Pochi secondi di urla che però contano tanto, tantissimo.
Cose che pesano, cose che non si scordano.



Il nuoto è proprio come me l'aspettavo, ovvero come l'anno scorso.
Una tavola piatta e limpidissima.
Nuotare alle 8 di mattina in queste acque è uno spettacolo.
Ah no, di diverso rispetto all'anno scorso ci sono le meduse.
Un esercito.
Impossibile fare cinque bracciate senza incrociarne qualcuna.
Però sono simpatiche e con una decidiamo anche di scambiarci un bacio.
Porterò la sua verve elettrica sul labbro per tutta la frazione di nuoto, ma fa parte del gioco e va bene così.
Dopo il primo giro (di due) sto ancora benissimo.
Il crono segna 33' ma il secondo giro è più corto.
Come sempre indovino perfettamente le traiettorie e riesco a chiudere la prima frazione in 58', esattamente come l'anno scorso.
Bene così.

Zona Cambio chilometrica e via in bici.
Il percorso è decisamente facile.
42km di pianura, 3km di salita, 45 di pianura.
Il tutto per due.
Quest'anno però c'era un vento fastidioso che spesso rallentava notevolmente l'andatura.
E sentite quello che vi dico ora...
Per la prima volta non mi sono divertito nella frazione ciclista ma ho avuto solo un grandissimo senso di frustrazione.
Ho fatto 180k (CENTOTTANTA) senza un solo centimetro in scia, così come previsto dalle regole dell'IronMan.
Sapete quanta scia ho visto?
L'80% dei ciclisti.
In modo spudorato, con gruppi organizzati con tanto di vedetta che guardava l'arrivo di eventuali giudici.
Ho visto superarmi a doppia velocità persone che conosco bene, alle quali rifilo solitamente più di 20' in gare da 90km, mischiate in mezzo a plotoni su due ruote.
Uno schifo.
E neanche a dire che è un fenomeno tipicamente italiano, visto che due terzi degli atleti erano stranieri.
Di giudici mi è sembrato di vederne davvero pochissimi, ma se fossero stati dieci volte tanto non sarebbe cambiato nulla, resto dell'idea che se uno vuole barare ci riesce tranquillamente.
Non è una novità, non è la prima volta e non sarà l'ultima.
E naturalmente se partecipo a queste gare è per vedere quanto valgo con le mie forze e se gli altri trovano qualche scorciatoia il problema è loro, ma quando state sudando per 180km controvento e vedete certe scene, le palle, un po' vi girano.
Senza voler assolutamente muovere critiche verso l'organizzazione della gara, secondo me gestita in ogni aspetto in maniera impeccabile, dalla sicurezza al supporto logistico, a mio avviso ogni classifica è da ritenersi non attendibile.
Probabilmente, se questi tizi osserveranno bene la loro medaglia, la vedranno più opaca del solito.
Comunque, chiudo i miei 180km con poco meno di 32kmh di media.
 


 
Quando entro in zona cambio la situazione è mortificante per quante bici già depositate ci sono!
Però invece di abbattermi come prima, decido di andarli a riprendere uno per uno.
Dai primi passi capisco che sto bene.
Il percorso di corsa di questa gara mi piace tantissimo, sempre vario e senza un solo metro senza il pubblico che incita.
Per una serie di coincidenza ho vari tifosi dislocati in diversi punti del tracciato, così che ogni tratto tra un gruppo di tifosi e l'altro lo vivo come un breve trasferimento tra un'oasi e l'altra.
Subito c'è il tifo di Mirco e Martina Dogana (l'incitamento di una campionessa è sempre una carica extra per chi sta correndo), poi c'è Alexa che spunta ad ogni incrocio per far sentire la sua voce.
Poi la moglie di Carlo e la famiglia di Lollo con la loro energia.
Più avanti Maria Pia e Sara che stanno vicino a mia moglie e mia figlia.
Con mia moglie non servono parole, basta uno sguardo per capire che sto bene.
E poi tutte le centinaia di persone che non conosco (o non riconosco, visto la stanchezza che comincia ad aumentare) che vedendo i colori del Team Panda strillano il fatidico "DAJE PANDA!".
Piano piano il percorso si riempie di tutti i miei compagni di squadra e amici che hanno terminato la bici e cominciano la fatica finale.
Anche se le energie sono al lumicino corrono tutti decentemente e questo è una bella carica.
Anche con chi ha momenti di crisi, basta qualche scambio di battute per riprendere un po' di forze.

 

Mi alimento e mi idrato regolarmente e perfettamente, non sbaglio niente e non c'è niente che possa fermarmi.
Ho parlato troppo presto.
Al 27km senza motivo e senza preavviso mi arriva una fitta addominale che mi fa piegare.
In un secondo mi trovo a correre piegato, la testa mi gira e mi viene una strizza assurda di non poter terminare la gara.
Poi mi ritorna in mente un messaggio che mi ha mandato la sera prima Fabrizio, sì, proprio il mio angelo custode.
"Se pensi di non avere più la forza di andare avanti, fermati e scava dentro di te e troverai quello che ti serve per continuare"
Roba che manco lo Jedi a Luke Skywalker.
Stringi i denti Strong, arriva fino al prossimo ristoro, mi dico.
Proseguo qualche minuto fino ai rifornimenti, mi fermo un minuto, bevo, faccio un bel respiro e riparto.
Non so se ho trovato qualcosa dentro di me o se era solamente la RedBull, ma di fatto ho ripreso da dove avevo lasciato, ovvero a correre verso il traguardo.
Quando entro nella passerella finale il pubblico è tutto per me.
Tutte quella migliaia di persone sono lì solo per me.
Sento solo il mio nome che riecheggia.
Alessia mi passa il cappellino da panda.
Non ho bisogno di altro.
Posso alzare il pugno al cielo mentre taglio in 10h45' il traguardo del mio quinto IronMan.





3 commenti:

achab ironmarz ha detto...

Grandissimo come sempre!!!!!

stefanoSTRONG ha detto...

Grazie Marz!!!!!

er Moro ha detto...

Grande Stefano, emozionante come sempre il tuo racconto!!!

Commenti

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