mercoledì 9 novembre 2022

Considerazioni sul tapering

 

Si assiste sempre più spesso ad atleti professionisti di alto livello che, anche prima di una gara importantissima,  sostanzialmente non eseguono un vero e proprio tapering, o comunque scaricano pochissimo ovvero meno delle percentuali canoniche.

L'ultimo caso eclatante è quello di Gustav Iden al recente mondiale IronMan di Kona, ma sono numerosi ormai gli atleti - ripeto, di altissimo livello - che si affidano a questo approccio.

Chiaramente atleti di questo livello hanno una capacità di assorbimento del carico elevata, e ancor di più la capacità di recupero, ma è anche indubbiamente vero che dopo 72 ore l'organismo (di tutti) si adatta ad un nuovo livello di stress (minore, nel caso del tapering) con le relative conseguenze.

A questo va aggiunto che proprio nelle ultime due settimane pre-gara gli amatori cominciano ad avere quella spossatezza generale, unita al senso di copla di non fare più "abbastanza".

Se è vero che un amatore può fare più danni nelle ultime due settimane prima della gara (facendo appunto troppo, o troppo forte) che in tutta la preparazione, è altrettanto vero che una direzione verso questa metodologia di tapering debba essere quantomeno analizzata.

Prima che cominciate a dire "Strong vuole caricare 25 ore settimanali di allenamento la settimana prima dell'IronMan anche a noi", vi ricordo che il mio ultimo post era invece incentrato proprio sulla critica ad un volume eccessivo (almeno nell'off-season) e di conseguenza, come mio solito, devo immediatamente scrivere qualcosa di opposto, secondo il concetto a me tanto caro di "tutto e il contrario di tutto".

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